Così eccomi in questo inedito doppio ingaggio: addestra l'armatore . . . eppoi portare a spasso il pupo.

Come finirà non lo so. Anzi, lo saprò. Saprò cosa si è trasferito. Lo guarderò negli occhi quando ci lasceremo.

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Ormai è a prua da più di un'ora, abbracciata all'avvolgifiocco, la minuscola figura in vesti di crespo, appena intuibile nella notte buia.

Penso di vederla perché so che è lì. C'è rimasta da quando ha salpato l'ancora a mezzanotte nella baia di Porto Azzurro e siamo sgattaiolati silenziosi tra cento barche alla fonda.

Tutte le luci spente per scrutare attraverso la nebbia, mi tengo ben lontano dalla costa guidato dal GPS prima di fare rotta sul Giglio.

Poi, finalmente, la raggiungo. O meglio, percorro mezzo ponte e mi fermo ad osservarla appoggiato all'albero. Clementina c'è, immobile, in contemplazione del nulla, irraggiungibile.

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Nel piccolo mondo barca le personalità emergono in fretta, ineludibili. Quella di Clementina era sembrata evidente ancor prima di salire a bordo, appena giunta, inaspettata, a Cala Medici. 

Schiva, autonoma, intransigente, forse incazzata con la vita, non ho ancora capito se c'era venuta spontaneamente o su richiesta di suo padre, l'armatore.

Mi era stata annunciata poco prima, mentre ci servivano cena al ristorante del porto, dopo un'intera giornata di manovre all'ormeggio, navigazione e bagno a Baratti, a 25 miglia da lì.

                          Vela, Forti Emozioni

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